martedì 14 marzo 2017

NESSUN MOTIVO
Prima Parte

Il vento soffiava tagliente, per essere in primavera, e il cielo grigio non prometteva nulla di buono. Dalla terrazza del palazzo su cui si trovava, Himeko poteva vedere bene, sotto la campana di nubi, le strade sottostanti brulicanti di auto e di persone. Tutt’intorno a lei, i grattacieli sembravano circondare minacciosi quel palazzo più basso. All'interno degli uffici le luci erano già accese, e sforzandosi la ragazza poteva arrivare a vedere anche gli impiegati intenti al lavoro. Ma non le importava. Fece un profondo respiro. L'aria fredda la fece rabbrividire nell'uniforme scolastica. A quell’altezza l’odore acre dello smog della metropoli non arrivava, e se non fosse stato per i rumori del traffico, chiudendo gli occhi avrebbe potuto immaginarsi sulla cima di una collina. Era in anticipo, perché dopo la scuola non se l'era sentita di andare al club, ed era rimasta in giro per la città, in attesa che arrivasse l'ora dell'appuntamento. Forse avrebbe fatto meglio ad aspettare in un bar, o in una sala giochi. A star lì all'aperto le sarebbe venuto un malanno. Sorrise mesta di quest'ultima considerazione, e si mosse fino a raggiungere il lato opposto del terrazzo sul quale si trovava. Da lì si poteva vedere l'autostrada, con il suo carosello multicolore di veicoli in marcia. Ma anche quella vista le era del tutto indifferente. Si chiese improvvisamente da quanto tempo andasse avanti cosi, e non seppe darsi una risposta. Guardava attraverso lo spettacolo del mondo come attraverso un limpido cristallo, al di là del quale non c'era nulla. La moda e la musica che tanto interessavano le sue compagne di classe, non l’attraevano. I videogiochi e lo sport di cui i suoi coetanei discutevano animatamente durante l’intervallo, non la entusiasmavano. Lo stesso valeva per le soap davanti alle quali sua madre passava attenta le ore del pomeriggio, o per la maggior parte dei discorsi che facevano gli insegnanti durante le lezioni. Di tutte queste cose percepiva solo la terribile vacuità. Non c’era nulla di fondamentale in ciò che le stava attorno, nulla che fosse da ottenere ad ogni costo, con uno sforzo immane e con la soddisfazione di avercela finalmente fatta. Ma che cosa ci poteva essere di fondamentale? La scuola, in fondo, era solo una questione di parole. Si trattava di ripetere ciò che veniva detto, e di fare come veniva detto di fare. I suoi genitori le davano non solo più di quanto chiedesse, ma più di quanto avrebbe mai pensato di chiedere, e senza che lei dovesse fare poi molto in cambio. Era come continuare a mangiare per forza: nauseante. Il chiacchiericcio senza fine delle altre ragazze ormai la infastidiva come nemmeno i talk show in tv riuscivano a fare. Non ricordava da quanto ormai il mondo avesse cominciato ad avvizzirle attorno, ma era ormai da molto che temeva queste sue sensazioni. Temeva di essere la sola a pensarla cosi. Ne parlava, a volte, con i ragazzi che le si avvicinavano, ma questi scappavano a gambe levate. Aveva provato a parlarne, timidamente, anche a casa, ma tutto ciò che aveva ottenuto dai suoi genitori erano sguardi esterrefatti, e repliche stizzite di chi riteneva, in buona fede, di aver fatto tutto il possibile. Le avevano dato tutto ciò che loro da giovani avevano desiderato e non avevano potuto avere. Davanti a considerazioni di questo tipo, Himeko non poteva fare altro che sentirsi come un’ingrata. Ma dentro di lei, sentiva che c’era qualcosa oltre al semplice “dare”. C’era qualcosa, al di là della scuola, del lavoro, dei vestiti e delle chiacchiere. C’era sicuramente qualcosa, oltre tutto ciò che la tv le vomitava in casa chiamandolo vita, perché non era possibile che tutto si riducesse a lavorare per acquistare un nuovo cellulare, un nuovo vestito, un nuovo cd, ed a trovare in qualche modo il tempo per essere moglie e madre. Ci doveva essere qualcosa, che forse non aveva nemmeno un nome e che probabilmente faceva la differenza, che doveva fare la differenza. E tuttavia, il tempo l’aveva convinta che non era così. Tutto avrebbe continuato ad andare avanti come sempre, senza nessun significato.

Continua...

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