L’acqua del fiume era rossa della luce del sole al tramonto, e una brezza leggera portava fin lì l’odore del mare vicino. Dall’altra riva giungevano i comuni rumori del porto. Solo il guizzo di qualche pesce increspava di tanto in tanto la superficie dell’acqua che scorreva placida. Anche il suo animo era come il fiume, calmo e placido, di tanto in tanto increspato da una punta di rabbia o d’inquietudine, solo un residuo di ciò che aveva provato nell’ultima settimana. Aspettava con le braccia conserte, appoggiata alla balaustra, con lo sguardo perso nei riflessi che la luce produceva sull’acqua sottostante. Alzò appena una gamba, accennando un calcetto sul selciato, e sospirò. Girò gli occhi spostando la sua attenzione su una foglia portata dal vento che, caduta da uno degli alberi che adornavano il ciglio del viale alle sue spalle, si era posata sull’acqua ed era ora cullata e portata a valle dalla corrente, mentre girava lentamente su se stessa. Sorrise malinconica: la sua corrente non era stata così calma, come testimoniavano l’uniforme che portava e le cicatrici sul suo corpo e sul suo cuore. La foglia si imbatté presto in un mulinello, inabissandosi. Almeno infine la sua corrente burrascosa l’aveva condotta in un porto sicuro. Rinnegata dal suo albero quand’era solo un germoglio, il vento e la corrente l’avevano sballottolata più volte; spesso aveva corso il rischio di inabissarsi e si era salvata per il rotto della cuffia. Era infine approdata in una piccola rada, dove certo, le burrasche non mancavano, ma dove un lembo di terra e qualche scoglio la riparavano dalle onde più violente. Nel calore e nella calma di quella rada la foglia si era fatta seme e quindi germoglio, e finalmente si apprestava a dare i suoi frutti. E in quel momento, l’albero ingrato che l’aveva abbandonata tornava a succhiarle linfa vitale.
La ragazza si strinse nelle spalle, investita da un primo soffio della brezza serale. Si rilassò, contemplando nuovamente l’acqua increspata dal vento.
«Tanya!» la ragazza girò la testa, alzandosi dalla balaustra. Un uomo e una donna guardavano verso di lei. Non poteva riconoscerli, ma sapeva che erano gli unici civili a conoscere il suo nome. Si mise in piedi, rivolta agli interlocutori.
«Immagino che siate i signori Langley.» disse, con tono distaccato.
La donna le si avvicinò esitante, la scrutò bene in viso. I capelli e gli occhi erano dello stesso colore, rossi i primi e verdi i secondi. Allungò la mano verso l’impassibile volto della giovane; lo sfiorò con la punta delle dita, come per cercare un contatto al quale la ragazza non si sottrasse, ma al quale non concesse alcuna partecipazione. La donna ritirò a coprirsi la bocca, poi chiamò la figlia con la voce strozzata dal pianto e l’abbracciò stringendola al seno. Anche in questo caso Tanya non si oppose, ma dopo qualche istante:
«L’uniforme…» pronunciò con freddezza.
«Come?…» balbettò la donna.
«Si sgualcisce.» completò l’altra con distacco «Mi lasci.»
La donna la lasciò andare istantaneamente, come se avesse preso la scossa…Un soffio di vento sottolineò quell'atmosfera di totale estraneità. Rimasero tutti e tre in silenzio. Tanya colse quel momento per osservare meglio i due adulti. Lui doveva avere tra i trenta e i trentacinque anni, la donna doveva essere poco più giovane. Sorrise tra sé e sé osservando i loro volti sorpresi.
«Abbiamo fatto un lungo viaggio per cercarti.» spiegò il padre, avvicinandosi di qualche passo «Sapessi quanta fatica abbiamo fatto per rintracciarti, quante volte abbiamo temuto che fossi già morta!»
Tanya sollevò l’angolo della bocca in un sorriso sarcastico:
«Lo immagino, dopo quattordici anni.»
Quando era stata abbandonata dai suoi era troppo piccola per capire; quando le autorità del suo pianeta decisero la sua eutanasia, aveva solo quattro anni e a cinque, solo a una manciata di ore dall’esecuzione, era stata arruolata nella Lega Stellare. Ironicamente, a salvarle la vita era stata un’istituzione il cui compito era portare la morte. Senza che nessuno la interpellasse fu avviata al mestiere delle armi e ora che si era abituata a tutto ciò e aveva trovato un suo posto nel mondo, qualcuno voleva ancora decidere per lei. Non lo avrebbe permesso, stavolta.
«Torna con noi!» la esortava con insistenza il padre « Possiamo ricominciare.»
Queste parole non la toccavano. Più li sentiva parlare e più si rendeva conto che quei due per lei erano dei perfetti estranei. Erano inopportuni e invadenti; li guardava piagnucolare le loro ragioni, così piccoli e meschini. Ricominciare, dicevano. Non c’era nulla da ricominciare, perché nulla era mai iniziato.
«In fondo, siamo la tua famiglia!» la implorò infine la madre.
L’acqua si increspò sul fiume nella stessa misura in cui il cuore di Tanya cominciava a ribollire di rabbia.
«Per me siete solo due estranei.» rispose, mantenendo un atteggiamento composto, mentre scrutava decisa i loro visi. L’uomo e la donna la fissarono impietriti; cercarono di balbettare qualcosa ma Tanya li prevenne risoluta:
«Personalmente trovo già abbastanza umiliante portare il vostro stesso nome e avere il vostro stesso sangue. Non esiste una sola possibilità che io lasci le Truppe da Sbarco per riavvicinarmi a voi, perché sono loro la mia famiglia, ora.»
In quel momento la ragazza sentì chiamare il suo nome. Un veicolo aveva accostato sulla strada poco distante, e alcuni ragazzi la chiamavano dicendo che dovevano recarsi all’imbarco per un’esercitazione. Tanya si girò per raggiungere i compagni, considerando così conclusa la sgradevole faccenda, ma la madre tentò per un’ultima volta di trattenerla:
«Noi ti abbiamo dato la vita!»
«E me la stavate togliendo.» replicò sprezzante la ragazza, tornando a guardare verso di loro «Siete solo due egoisti. Se volete un figlio, fatelo. Oppure è un altro il motivo per cui siete venuti a cercarmi proprio ora? La mia vita è stata salvata dalla Lega Stellare, nelle Truppe da sbarco ho trovato il mio futuro e sul campo di battaglia incontrerò un giorno la mia morte. Per voi, come vedete, non c’è più posto; di voi non ho memoria come genitori, per voi non provo alcun sentimento. Per me è come se non foste mai esistiti.»
Proferendo queste ultime parole, lo sguardo di Tanya si era fatto aggressivo, per convincere i due affinché desistessero definitivamente. Lanciò loro un’ultima occhiata, poi si diresse verso la strada. Ma quelli non ne volevano proprio sapere, e si lanciarono in avanti, afferrandola per le braccia.
«Ehi, Snake,!» chiamò uno dei ragazzi «Quei due stronzi le stanno mettendo le mani addosso!»
L’uomo chiamato Snake, seduto all’ultimo posto in fondo al veicolo, osservava con tranquillità la scena. Sapeva benissimo che dei civili non avrebbero mai potuto competere con un soldato delle Truppe da Sbarco, sebbene si trattasse solo di una ragazzina di quindici anni disarmata. Guardò i volti dei suoi uomini, capì le loro intenzioni e scosse la testa, spiegando che si trattava di una questione personale di Blade, la loro compagna. Gli altri tornarono ad osservare ansiosi la scena. La ragazza riuscì a divincolarsi dai due adulti, e la videro affrettarsi, non seguita, verso di loro. Quando salì sul veicolo di trasporto truppe, Blade dovette confrontarsi con gli sguardi interrogativi dei compagni.
«Tutto ok?» chiese uno di loro, vedendola turbata.
«Certo Vega.» fu la scorbutica risposta « Nulla che non possa risolvere da sola.»
Il suo tono non ammetteva repliche, e così anche gli altri ragazzi evitarono di immischiarsi. Blade andò a sedersi in fondo al veicolo, proprio a fianco di Snake. Questi la degnò solo di un’occhiata; i loro sguardi si incrociarono e quello della ragazzina si abbassò, mentre si sedeva. Il veicolo si mosse lentamente.
«Credi che abbia fatto la cosa giusta?» chiese infine Blade.
Snake le rispose con un sorriso, e aggiunse che quella domanda doveva rivolgerla a se stessa. La ragazzina sorrise a sua volta, e gli chiese della sua famiglia. L'uomo si girò verso di lei sorpreso, poi il suo sguardo si posò sugli altri soldati seduti davanti a lui, quindi tornò sulla ragazzina.
«E’ la migliore del mondo.» rispose con un sorriso.
giovedì 6 aprile 2017
LA FOGLIA E LA TEMPESTA
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